I piccioni, le colombe, chi di noi è mai riuscito a prenderne qualcuno in mano, accarezzarlo, dargli baci, riuscire a farlo avvicinare ad un altro volatile, senza che questi fuggisse e poi riprenderlo e baciarlo ancora per portarlo, infine, con sè in casa? Alzi la mano chi è riuscito nell'impresa...
Impresa riuscita a due bimbi afgani, grazie a sorrisi, piccole rincorse e parole sussurate... Impresa riuscita a figli di un popolo che ha la guerra nel sangue. Impresa dell'innocenza che ancora una volta vince sulla natura umana.
mercoledì 21 aprile 2010
lunedì 19 aprile 2010
DA ITALIANO A ITALIANI
Qualche settimana fa, pensando all'impegno che di lì a breve mi sarei trovato a svolgere, ho riflettuto sulle tensioni che ci sono contro l'Esercito da parte dei cosiddetti Pacifisti.
Il pensiero si è riassunto in questa frase:
"UN POPOLO DOVREBBE ODIARE LA GUERRA, MA MAI I PROPRI SOLDATI"
Questa è la verità, la guerra è un affare sporco, troppo per essere concepito da chi non è dentro l'altissima politica mondiale. Come le ragioni per cui si fa il soldato, sono troppo soggettive per essere concepite da chi non lo è. Il punto però è sempre uno: nelle calamità, nelle avversità, quando la terra trema, quando il fango avanza, quando le dighe crollano, quando la neve copre le case e la pioggia allaga le città, lì ci siamo noi soldati, sempre presenti per aiutare il popolo italiano, sempre pronti a tendere la mano anche a quelli che magari la settimana prima ci insultavano.
Poi un giorno ci chiamano per andare all'estero, ad aiutare, a difendere e a sopportare le voci di chi dice che siamo animali, che andiamo ad uccidere e stuprare. Non sappiamo perchè siamo qui, parlo dei motivi "che vengono dall'alto" ma facciamo il nostro lavoro, sempre. Abbiamo lasciato a casa mogli, fidanzate e famiglie, ma lo facciamo perchè questo è il nostro lavoro. E siamo fieri di essere soldati. Soldati italiani per il popolo italiano, per le terre italiane. E non solo.
Il pensiero si è riassunto in questa frase:
"UN POPOLO DOVREBBE ODIARE LA GUERRA, MA MAI I PROPRI SOLDATI"
Questa è la verità, la guerra è un affare sporco, troppo per essere concepito da chi non è dentro l'altissima politica mondiale. Come le ragioni per cui si fa il soldato, sono troppo soggettive per essere concepite da chi non lo è. Il punto però è sempre uno: nelle calamità, nelle avversità, quando la terra trema, quando il fango avanza, quando le dighe crollano, quando la neve copre le case e la pioggia allaga le città, lì ci siamo noi soldati, sempre presenti per aiutare il popolo italiano, sempre pronti a tendere la mano anche a quelli che magari la settimana prima ci insultavano.
Poi un giorno ci chiamano per andare all'estero, ad aiutare, a difendere e a sopportare le voci di chi dice che siamo animali, che andiamo ad uccidere e stuprare. Non sappiamo perchè siamo qui, parlo dei motivi "che vengono dall'alto" ma facciamo il nostro lavoro, sempre. Abbiamo lasciato a casa mogli, fidanzate e famiglie, ma lo facciamo perchè questo è il nostro lavoro. E siamo fieri di essere soldati. Soldati italiani per il popolo italiano, per le terre italiane. E non solo.
domenica 18 aprile 2010
CULTURE
Ogni Paese ha la sua storia. Ogni storia ha bisogno del suo tempo per insegnare. Ogni uomo ha bisogno di tempo per imparare.
Ogni giorno si scopre un pezzo della storia di questo Paese. Anzi di Storia, perchè essa è viva e si scrive giorno per giorno.
Lo chiamano "Vento dei 120 giorni", perchè questo è il periodo durante il quale soffia su tutto l'Afghanistan e porta con sè sabbia, polvere e vita. Millenni di Afghanistan nel suo nome. Voci, risate, lamenti, odori, guerre, odio e sangue. Tutto trasportato da questo testimone della Storia.
Ogni giorno si scopre un pezzo della storia di questo Paese. Anzi di Storia, perchè essa è viva e si scrive giorno per giorno.
Lo chiamano "Vento dei 120 giorni", perchè questo è il periodo durante il quale soffia su tutto l'Afghanistan e porta con sè sabbia, polvere e vita. Millenni di Afghanistan nel suo nome. Voci, risate, lamenti, odori, guerre, odio e sangue. Tutto trasportato da questo testimone della Storia.
SUN IS BACK
Dopo un'inspiegabile giornata di pioggia, ma che è servita a togliere l'afa, oggi il sole è tornato con tutta la sua "calura" e sta già recuperando il tempo perduto!
Per il resto, la cosa importante è sempre "RELAX, TAKE IT EASY"...
Buongiorno a tutti!
Per il resto, la cosa importante è sempre "RELAX, TAKE IT EASY"...
Buongiorno a tutti!
sabato 17 aprile 2010
PIOGGIA A HERAT
Ha iniziato questa notte. Leggera, quasi impercettibile. Sulle prime l'incredulità di chi è certo che nel deserto non possa succedere. Poi la certezza: pioggia.
Leggera, quasi impercettibile. Pioggia come neve di sabbia. In controluce appare fitta, ma sulla pelle non si sente.
Scende come la pioggia, leggera come la neve, impercettibile e malinconica come la distanza.
Pioggia a Herat
Leggera, quasi impercettibile. Pioggia come neve di sabbia. In controluce appare fitta, ma sulla pelle non si sente.
Scende come la pioggia, leggera come la neve, impercettibile e malinconica come la distanza.
Pioggia a Herat
venerdì 16 aprile 2010
LA CITTA' SI SVEGLIA... BUONGIORNO AFGHANISTAN!
Il Muezzin che alle cinque inizia i suoi canti, la vita che piano piano entra nel suo circolo giornaliero, i bambini che scendono nelle strade e iniziano prestissimo a giocare a calcio facendo risuonare per tutta la città l'entusiasmo di quell'innocenza che la guerra cerca di rubare, Un uomo entra nella moschea e svolge le sue funzioni di inizio venerdì, giorno di festa...
Poi un buon latte e cioccolato e la vista dei colleghi...
Buongiorno Afhanistan!
Poi un buon latte e cioccolato e la vista dei colleghi...
Buongiorno Afhanistan!
giovedì 15 aprile 2010
HERAT
Questi primi giorni in territorio afghano trascorrono lenti e veloci allo stesso tempo. Vuoi per i turni che non danno orari di riferimento, vuoi perchè lo stare chiusi in una base tutto il giorno cambia il modo di affrontare la quotidianità, fatto sta che ormai siamo al terzo giorno di missione.
Lo sguardo cade sulla città di Herat nelle ore notturne e quello che rapisce è il silenzio, l'assoluto silenzio che ti circonda. Sembra che qui la guerra non sia mai esistita, che il mondo non sia mai esistito. Guardi le case e le immagini vuote, perchè il buio che hanno dentro non lascia pensare ad altro. Allora ti viene in mente una domanda: ma c'è vita qui? Chi è già uscito dice che ce n'è fin troppa durante il giorno. Ma la notte... La notte afghana ti fa comprendere che questa terra ha bisogno di vivere con sè stessa. Nessuno la potrà mai cambiare, nessuno potrà influire sull'essere afghano. Ci sono i cellulari, i computer, le parabole, c'è stata un'evoluzione tecnologica di secoli, in un decennio. Ma la base, la natura afghana non potrà mai cambiare.
Questo mi ha detto la notte afghana.
Flavio
Lo sguardo cade sulla città di Herat nelle ore notturne e quello che rapisce è il silenzio, l'assoluto silenzio che ti circonda. Sembra che qui la guerra non sia mai esistita, che il mondo non sia mai esistito. Guardi le case e le immagini vuote, perchè il buio che hanno dentro non lascia pensare ad altro. Allora ti viene in mente una domanda: ma c'è vita qui? Chi è già uscito dice che ce n'è fin troppa durante il giorno. Ma la notte... La notte afghana ti fa comprendere che questa terra ha bisogno di vivere con sè stessa. Nessuno la potrà mai cambiare, nessuno potrà influire sull'essere afghano. Ci sono i cellulari, i computer, le parabole, c'è stata un'evoluzione tecnologica di secoli, in un decennio. Ma la base, la natura afghana non potrà mai cambiare.
Questo mi ha detto la notte afghana.
Flavio
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