E' possibile vergognarsi del proprio Paese e chiedersi se vale la pena lavorare e rischiare la vita per questo Stato? Leggendo la rubrica "Specchio dei Tempi" su La Stampa di oggi 28 Ottobre, si.
Un lettore scrive:
«Al mio rientro dall’Afghanistan una delle prime cose che mi ero ripromesso di fare era quella di porre dei fiori sulle tombe dei miei giovani colleghi morti durante l’ultima missione, pertanto in compagnia di mia moglie ho affrontato questo lungo viaggio verso il Sud. Prima tappa Bitetto, in provincia di Bari, paese natale di Luigi Pascazio, poi Foggia città dove viveva Francesco Positano e, ultima sosta rientrando verso il Nord, Cisterna di Latina, città dove vive la vedova del Serg. Magg. Ramadù.
«Sapevo ed ero consapevole che avrei trovato famiglie distrutte dal dolore, genitori e giovani vedove ai quali era difficile dare loro conforto. Ho trovato in tutti loro lo strazio devastante ma anche tanta rabbia. Rabbia per ciò che il destino malvagio aveva portato loro via, ma tanta rabbia verso tutte quelle persone che nei giorni dei tragici eventi aveva promesso loro di non abbandonarli e che invece dopo solo pochi mesi non ricordavano nulla di quelle promesse. Ed ecco quindi che scopro che dopo questi mesi abbiamo genitori e giovani vedove che non possono piangere su una tomba i loro cari, sia il giovane Luigi che Massimiliano sono sepolti in tombe provvisorie addirittura cedute in prestito da conoscenti o parenti. Scopro che lo Stato non ha versato ancora nessun indennizzo e che le assicurazioni in alcuni casi ancora non hanno pagato nulla alle famiglie e addirittura che per poter ottenere un posto di lavoro rispondono con toni burocratici che i posti riservati a chi ha vissuto queste tragedie sono pochi, e che pertanto non si è in grado di soddisfare la loro richiesta. Tutto ciò è assurdo, dove sono finiti quei politici che in quei giorni amavano rilasciare interviste e promesse?».
Non aggiungo altro.
Flavio
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